
Se mi trovassi costretto ad associare una parola ai The Morning Benders direi gavetta. Cavolo se ne ha fatta la band originaria di Berkley, tanta quanta la strada percorsa dai fratelli Chris e Jon Chu insieme a Julian Harmon e Tim Or. Se nel 2008 l'album Talking Through Tin Cans passa un po' in sordina pur ricevendo qualche ottima recensione su riviste minori e un riconoscimento come "Best Indie/Alternative Album" da parte di iTunes la colpa è da ricercare nella poca visibilità del gruppo; un etichetta come la +1 Records non sembra garantire al quartetto americano la visibilità che merita e saranno diversi tour come spalla di nomi di rilievo, MGMT Death Cab for Cutie Kooks e Grizzly Bear, e una fortunata collaborazione con la Rough Trade a portare le attenzioni meritate alla band. Nel 2010 Big Echo, il nostro album, quello che riviste come Pitchfork hanno esaltato con voti rasenti al 10 e commenti entusiasti; li vale? La mia risposta è "Si, ma..". Si, ma non è un album per tutti perchè ci sarà sicuramente qualcuno dall'orecchio diverso che non riuscirà ad apprezzare questo gioiellino che si incastra in maniera geometrica tra la semplicità dell'indie-pop e la ricchezza di sfaccettature delle composizioni più ardite. Big Echo è come quel tipo di amico che si finge affezionato a te ma che in alcuni momenti ti lascia basito per alcuni gesti o comportamenti, che ti fa riflettere se era tutto vero e se ci prendeva solamente in giro. E si sa che a noi piacere farci illusioni no?
Da avere.

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