venerdì 28 gennaio 2011

The King's Speech


Sono uno spettatore esigente, come tale provo una certa riluttanza verso i film storici e in costume. Ricostruire storie le cui testimonianze sono poche o vaghe porta troppo spesso a delle rivisitazioni fuorvianti o noiose, frutto di intuizioni sbagliate e sceneggiature pseudo furbe. Cosa fa allora di The King's Speech un 'must see'? Cosa lo rende uno dei più agguerriti concorrenti alla statuetta di miglior film e uno dei film migliori dell'anno? Il sentimento, il saper toccare lo spettatore fino a trasportarlo nella vicenda. La vicenda di Giorgio V, re affetto da balbuzie, è resa come il dramma di un uomo davanti alla sua nazione, alla gente che vedeva in lui una luce ed una speranza. La frustrazione di un uomo nel sapere che deludera coloro che ripongono fiducia in lui, il trovarsi a ricoprire un ruolo al di sopra delle sue capacità; il dramma di un essere umano prima, e di un re dopo. Hooper inscena una ricostruzione precisa e non eccessiva, i riferimenti storici sono al servizio del film e li per cotestualizzare la vicenda senza trascinarla però nel macchiettistico. Il resto lo fanno gli attori con un interpretazione corale perfetta, Colin Firth conferma quanto di buono visto in A Single Man, Rush e la Bonahm Carther reggono il gioco in maniera perfetta. Se prima pensavo che gli oscar sarebbero stati una corsa a senso unico, adesso posso dire che The Social Network ha un degno rivale.

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